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Serie 6, post #8. La stanchezza e lo spurgo

Lo chiamo “lo spurgo” e consiste in una lunga e accuratissima sessione di pianto. Perché funzioni nella sua azione di pulizia d’animo e sblocco di ingorghi mentali, dev’essere un pianto libero e incontrollato, esente da censure, con scrosci abbondanti di lacrime e generosi singhiozzi, e bisogna usare almeno due o tre fazzoletti in cui soffiarsi il naso fragorosamente. Se praticato prima di dormire, lo spurgo assicura quello sfinimento dolcissimo che prende un attimo prima di cadere nel sonno.

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Serie 6, post #6. Se il meglio è già venuto

Considerare un’ipotesi di futuro vivibile, adesso, in questo momento, è o non è un compito gravoso? Ed eccola qui, la finaccia piagnona, ecco quell’imbarazzante “problema dell’autocommiserazione” che Joan Didion si appuntava pochi giorni dopo la perdita del marito John, e che è anche preludio a quel vittimismo disfunzionale e lamentoso che fa la fortuna di tanta narrazione odierna. È un’insidia costante, una ragionevole tentazione. Ma davvero: come provare anche solo a desiderarlo, il tempo a venire, se ho il sospetto che per me il meglio sia già venuto?

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Serie 6, post #4. L’imbarazzo del superstite

Dopo l’incontro a Milano con Petrosjan, che mi ha illustrato il suo piano di difesa, e dopo la mia visita a Simone, che sta al cimitero, ho una specie di preoccupato imbarazzo su questo concetto dell’andare avanti che in molti si prodigano a ripetermi. Me lo sento pesare come un mandato: ho questo incarico di vivere un altro po’, curarmi, fare cose, lavorare, stare nel traffico, badare al gatto.