Stare nel flusso della vita, a centodiciannove giorni dall’inizio delle nuove chemioterapie e a ventiquattro dalla morte di Simone. Un forte senso di spreco mi accompagna in tutte le attività di questo mio nuovo tempo, in questo Nuovo Mondo che scolora e smargina, senza un Simone Volpini che lo abita e sa vivere.
Serie 6 post #2. Perdere la testa (o “La vera storia della rana bollita”)
La storiella della rana bollita è quel che rimane di un antico esperimento scientifico controverso, in seguito al quale è fiorita tutta una letteratura della “resilienza”, parola che negli ultimi anni ha goduto di una simpatia diffusa. È ora di cambiare narrazione. Lo faccio adesso, a centododici giorni dall’inizio delle nuove chemioterapie e diciassette dalla morte di Simone.
Serie 6, post #1. Diario clinico della mia pazzia
Simone non esiste più e a me invece tocca campare e fare le chemioterapie. Qui inizia il diario clinico della mia prima settimana con Simone che non esiste più. Fatto, questo, che scompagina le cose tutte quante: il cancro che mi abita, la chemio che mi sfianca, e la spaventosa possibilità di restare viva.
Serie 5, post #17. Navigare a vista (dopo Simone)
Venerdì 13 giugno, mentre Simone mio caro spirava tra l’ambulanza e l’ospedale, io ero a colloquio con il mio Gran Maestro russo, il senologo milanese che da due anni gioca a scacchi con la Morte intabarrata che mi balla intorno (e prende gli altri). «Annalisa, – mi ha detto, – qui adesso navighiamo a vista».
Serie 5, post #16. Dentro lo sbilico
In riferimento al suo ultimo libro “Lo sbilico”, Alcide Pierantozzi afferma: “Lo psichiatra mi dice sempre che il corpo umano ha due modi per impazzire: o quello cellulare o quello psichico”. Sorrido. La mia personale biologia li sta saggiando entrambi, insieme, per avere più opportunità di riuscita.
Serie 5, post #15. Ho dato le DAT in data odierna
È la terza volta, quest’anno, che entro nell’Ufficio di Stato Civile del mio comune. Le prime due sono state per le firme della separazione con Simone. «Ci rivediamo», mi dice l’Ufficiale dello Stato Civile. Sì, dico, quest’anno solo cose allegre. Sorride. Dunque siamo qui oggi, giovedì 29 maggio 2025, per depositare le mie DAT.
Serie 5, post #14. Qui, dal lato notturno
Nei miei momenti di lettura, e spesso in questo blog, continuo a tornare senza pace fra le pagine di Susan Sontag, come a cercare un’alleanza, una voce con cui risuonare. Rifletto molto su questo “lato notturno della vita”, su cosa Sontag volesse intendere assegnando al mondo dei malati lo spazio dell’oscurità e al mondo dei sani, per conseguenza, quello della luce.
Serie 5, post #13. Una sera ti metti a tavola…
Una sera ti metti a tavola e la vita che conoscevi è finita. Lo ha scritto Joan Didion. L’istantaneità del passaggio dalla normalità alla catastrofe, dopo il quale tutta la vita viene ripensata, riconsiderata, riformulata: questo, il centro narrativo. È una questione che mi interessa da che ho memoria, ma su cui ho iniziato a scrivere qualcosa soltanto dopo la malattia.
Serie 5, post #12. Ho un Bat-apparecchio
«Sono molto orgoglioso del mio port. È in effetti la cosa più simile a un Bat-apparecchio, un Bat-qualcosa che mi sia capitato». Lo ha scritto Severino Cesari nel suo diario, che mi accompagna mentre mi unisco al grande popolo del port e mi impiantano quindi il Bat-apparecchio. Nel mio caso, per l’orgoglio c’è tempo.
Serie 5, post #11. Come quella Pasqua a Köln
Furono giorni di sole generoso e largo, di scoperte e gioventù spensierata, quella Pasqua del 2011 con Anne a Köln. In questo secondo tempo di malattia, mi succede di allestire uno spazio nella mente per certi ricordi, persone, esperienze che mi hanno formato. Sono frammenti che si presentano alla soglia della mia memoria senza invito, compaiono e chiedono di accomodarsi adesso.